ETOLOGIA DELLA PRESA (il morso tracheale)

Il nostro cane nella fase di difesa (sez. C) non “morde”  la manica bensì la “prende”. Questo è stato proposto già alcuni anni or sono dal responsabile dell’SV  e questo è stato tradotto nel nuovo regolamento. Tutto ciò, probabilmente, per accontentare una politica d’informazione rivolta ai media e per rassicurare il pubblico che vuole avvicinarsi al mondo dell’addestramento. Così, anche se la sostanza rimane la stessa, il sottoscritto, da qualche anno, ha modificato i termini : MORSO, AGGRESSIVITA’ e COMBATTIVITA’ (o lotta), con quelli più “gentili” di PRESA, DIFESA e CONTESA, facili anche da ricordare vista la rima.

Come già espresso dal dr. Raiser quasi trent’anni fa, la fase della presa non è altro che il momento intermedio del comportamento predatorio meglio definito come “ciclo di funzione della predazione”. Gli etologi sono ormai d’accordo nel proporre quattro pulsioni principali e cioè quella PREDATORIA, quella della RIPRODUZIONE, quella dell’AGGRESSIONE e quella della FUGA. In addestramento, i rinforzi positivi (premi) che vengono dati sia sotto forma di giochi vari (pallina, salamotto, ecc) che di bocconcini, appartengono allo stesso ciclo di funzione della predazione. Uno rappresenta la parte dinamica dell’inseguimento, della cattura e dell’uccisione della preda, l’altro, la parte statica della consumazione. Se vogliamo trattare questo argomento in modo scientifico, e quindi dal punto di vista dell’etologia, e non come opinione personale, bisogna analizzare tutte le fasi di questo ciclo di funzione con uno schema di questo tipo:

1)     Percezione sensoriale della preda (vista, fiuto, ecc);

2)      Agguato (momento statico di valutazione);

3)      Inseguimento (momento dinamico già di per sé autogratificante);

4)      Cattura (contatto con i denti);

5)      Uccisione (modalità diverse secondo la taglia);

6)      Trasporto ( in tana o altro);

7)      Consumazione;

8)      Quiescenza (riposo pulsionale);

9)      Attivazione pulsionale (stimolazione endogena per ricominciare il ciclo, per es. fame).

Coppinger, l’autore della teoria della “neotenia”, sintetizza tutto questo così:

 
Localizzazione → Sguardo → Avvicinamento → Inseguimento → Morso per afferrare → Morso per uccidere → Consumo.

Quando il nostro cane rincorre la pallina, il salamotto, un bastoncino o la manica dobbiamo tener presente che non sta giocando, ma sta andando a caccia. In virtù di questo concetto fondamentale dobbiamo allora stare attenti a non proporre troppo queste possibilità di caccia, perché potrebbe stancarsi dal punto di vista pulsionale. Per i cani dotati di forte “trieb” invece li manderemmo fuori della “zona funzionale” ,come descritto dal dr. Raiser, costringendo quindi il conduttore ad usare forti metodi coercitivi per ristabilire i controlli in obbedienza e in difesa.

Per quanto riguarda la fase della” presa per uccidere” mi sento di sposare la tesi di K. Lorenz e di altri autori recenti circa la mancanza di aggressività di questo comportamento. D’altro canto, come descritto da questi etologi, la stessa cosa vale anche per noi quando affondiamo la forchetta in un bel piatto di spaghetti! Una spiegazione più scientifica viene data da studi di neurofisiologia nei quali viene evidenziata l’origine anatomica diversa delle varie forme di aggressione. Mentre per l’aggressività intraspecifica e per quella di autodifesa vengono interessate le aree mediali dell’ipotalamo, per il comportamento predatorio (impropriamente denominato “aggressività predatoria”) vengono interessate le aree laterali. Un comportamento di tipo aggressivo-difensivo viene messo in atto, eventualmente, solo in occasione di “rivolta” da parte della preda che cerca di difendersi con corna, denti, aculei, unghie, ecc. Lo stesso comportamento viene esibito in gara o in allenamento quando il cane viene provocato, durante la presa, con interventi manuali o con l’uso del bastone o della frusta.

Per la meccanica della presa è cosa risaputa ormai che si tratta di una leva di terzo genere, esemplificata nei testi di fisica da una pinzetta da chirurgo, o simile, dove la potenza (P), esercitata dal muscolo temporale della mascella e da quello massetere della mandibola, si trova interposta tra la resistenza (R) a livello dei canini (più lontani) o dei molari (più vicini), e il fulcro(F), formato dall’articolazione temporo-mandibolare.

Per sua natura il cane, fin da cucciolo, impara ad ottenere il massimo risultato col minimo sforzo tant’è vero che, sia con lo straccetto prima che con la manica poi, cercherà di “recuperare” la presa iniziale in punta, portandola a livello dei molari e quindi a bocca piena. Il cane, istintivamente, usa i canini quando gli basta un morso di bassa potenza utile a lacerare i tessuti di una preda o in un’azione di difesa verso un potenziale aggressore, uomo compreso. Usa invece i molari per triturare la carne e le ossa o per un’azione di uccisione della preda. Quindi, come anche indicato da Coppinger, esiste una presa con i canini, a mezza bocca, per afferrare e una con i molari, a bocca piena, per uccidere. Ecco allora una spiegazione, in chiave etologica, utile a giustificare la penalizzazione che viene data per le prese a mezza bocca, evitando finalmente di sentire la solita frase….. “perché lo dice il Regolamento!…”.

La pressione nella zona dei molari può arrivare fino a 3000 Kg/cmq, a seconda naturalmente della razza, dell’età, del sesso e delle abitudini masticatorie. Nella zona dei canini, invece, si può arrivare a 500 Kg/cmq, quindi molto inferiore.

A rigor di Regolamento, per le prove IPO, la presa deve essere forte (energica), costante (ferma) e piena. Poche e insufficienti sono state le spiegazioni che ho ricevuto nei vari corsi di formazione per giudice di prove da me frequentati. Ho cercato allora, con l’aiuto dell’etologia, con l’esperienza quarantennale di “manica” e con un po’ di buon senso, di dare una spiegazione a queste tre caratteristiche fondamentali della presa.

Con una preda piccola, come per esempio coniglio o gatto, il cane indirizza la presa sul dorso e, con un forte scuotimento, cercherà di rompere il midollo spinale contenuto nella colonna vertebrale. Con una preda grande il lupo usa la tecnica di caccia in branco, con molti morsi di lacerazione per mezzo dei canini (morso a mezza bocca) per dissanguare e indebolire la preda (renna, alce, cinghiale, ecc). Il morso finale viene dato alla gola dal “leader” del branco. Con una preda di medie dimensioni (pecora, capra, cerbiatto o altri animali giovani) il morso viene rivolto subito alla gola da un unico esemplare di lupo o cane randagio, provocando così la morte per soffocamento. Se osserviamo il comportamento del nostro cane, quando prende la manica, vediamo l’applicazione di uno schema di caccia alla preda di medie dimensioni, mettendo in evidenza una presa di tipo “TRACHEALE” o “felina” poiché anche questi grossi predatori usano la stessa tecnica, per esempio nell’uccisione delle antilopi.

MORSO ALLA GOLA – tratto da I TACCUINI di Airone –  Nr. 55   “IL LUPO”

Il nostro cane considera la manica come fosse il collo di una preda di media dimensioni. Nel momento della presa cercherà di avere la parte dell’ipotetica trachea (parte esterna della manica) a contatto con i molari e quindi a bocca piena! Questo è il primo parametro valutato nelle prove (molte volte, purtroppo, senza sapere perché). Questa posizione è giustificata perché, per una questione di leve, la bocca può chiudersi con la massima potenza (presa forte) ottenendo il minimo sforzo, che può essere così protratto per un tempo lungo senza che subentri stanchezza. Se invece il morso fosse a mezza bocca, si andrebbe incontro a due inconvenienti: 1) la forza esercitata dovrebbe essere parecchie volte superiore per ottenere lo stesso effetto; 2) l’ipotetica trachea non sarebbe chiusa completamente e quindi, continuerebbe a passare l’aria che farebbe respirare l’ipotetica preda In natura questa presa immobile, senza spostamenti, può durare anche 15-20 minuti, durante i quali le funzioni vitali come frequenza cardiaca, pressione arteriosa e frequenza respiratoria, lavorano al risparmio. Se avete fatto caso la stessa cosa succede nel nostro cane se lo portate in gabbia o in auto con la manica in bocca. Un cane con le caratteristiche sopra descritte può stare parecchi minuti con  il respiro appena percettibile e appena gli si ordina il “lascia” sentirete la frequenza respiratoria tornare normale.

Credo di aver spiegato, pur in modo sintetico, i tre elementi che devono caratterizzare la presa del cane sulla manica per ottenere la massima qualifica: forte, piena e ferma (calma). Queste componenti permettono all’animale “leader” in natura di garantire al branco l’uccisione della preda. Nel nostro cane, invece, servono per valutare la PULSIONE PREDATORIA (beutetrieb) in tutte le sue fasi, con particolare attenzione alla DETERMINAZIONE, alla DOMINANZA, alla SICUREZZA (wehrtrieb) e alla CONTESA (kampftrieb), evitando alterazioni del sistema nervoso centrale (SNC)  o cedimenti gravi (fuga dalla presa).

 
Roncade, 15 ottobre 2012                                                                            Guido Cecchinato


I prossimi argomenti che verranno trattati riguarderanno:

 – L’importanza del “lascia”: elemento di controllo o di valutazione caratteriale?

 – Oltre la presa: la difesa e la contesa;

 – Helfer: il figurante come aiutante “non protagonista”;

 – Il “belastung” o caricamento psico-fisico.

Copyright ©2012 Guido Cecchinato